sabato 25 ottobre 2014

Il nostro segreto


C’era una volta un grande libro color rosso carminio. Nelle sue pagine erano raffigurate principesse e principi che indossavano abiti sfarzosi; c’erano zucche trasformate in carrozze e topolini magicamente tramutati in bellissimi cavalli bianchi. Non c’era limite a quanto veniva narrato all'interno di quel libro.
Io ero solo una bambina che voleva scappare dalla realtà, così mi rifugiavo in quelle pagine, mi nutrivo della fantasia che ne scaturiva, mi dissetavo dei lieto fine in esse contenuti. Quando chiudevo quel volume non ero costretta a tornare immediatamente alla mia vita; potevo immaginare che la storia continuasse, potevo fantasticare su cosa avrei fatto o non fatto nelle situazioni descritte e che avevo letto; potevo fingere di essere qualcun altro.
Non si finisce mai di essere bambini, ma bisogna ammettere che talvolta operiamo delle scelte che ci portano a dimenticare noi stessi. C’è chi accetta, sposa e abbraccia, il suo essere bambino e quindi continua a ricordare per sempre, e chi cerca di sfuggire a questa legge naturale. Chi si allontana, purtroppo, perde un po’ di se stesso, perde un pezzo d’anima. Questo ho sempre pensato e continuo ancora a pensare. Il cuore si indurisce, la mente inizia a compiere un’indicizzazione analitica di ciò che va tenuto e di cosa può essere lasciato indietro.
La mente senza il cuore non è nulla. E’ così che dimentichiamo cosa sia la felicità, cosa sia la pace interiore. È così che dimentichiamo cosa significhi apprezzare i bei momenti.
I miei sogni di bambina erano per lo più incentrati sulla figura del principe azzurro. Bramavo il momento nel quale avrebbe galoppato verso di me sul suo maestoso destriero,  e mi avrebbe portato con sé al castello del quale, un giorno non troppo lontano,  io sarei stata la regina.
Nei miei sogni di bambina, il principe azzurro era bellissimo, con la chioma fluente e il sorriso solare; era coraggioso e avrebbe combattuto per me contro chiunque. Oggi i miei sogni sono sepolti sotto una sottile patina di cinismo camuffata da maturità, ma non ho smesso di sognare: mi sono solo ridimensionata.
Il mio principe non è più un principe, non indossa un’armatura lucente, non ha un cappello col pennacchio e non cavalca un maestoso destriero, però ha occhi profondi e sono certa, anche gentili in talune occasioni. Veste di tutti i colori e non più d’azzurro, e ha un sorriso misterioso, lieve come la rugiada che si posa sui fiori di primo mattino.
Mi piace quel sorriso che aleggia sulle sue labbra: è il mio trofeo, la mia vittoria; e se pure non ho occasione di vederlo con i miei occhi, so che è sempre presente anche quando lui non è con me. È l’energia che accende la mia giornata, è la forza che la fa volare a velocità vertiginosa. È il segreto che condividiamo.
Sono felice del mio principe non principe; sono felice di non essere destinata a indossare i panni della regina di un castello di cui non m’importa nulla. Sono… felice.

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