Il nostro segreto
C’era una volta
un grande libro color rosso carminio. Nelle sue pagine erano raffigurate
principesse e principi che indossavano abiti sfarzosi; c’erano zucche
trasformate in carrozze e topolini magicamente tramutati in bellissimi cavalli
bianchi. Non c’era limite a quanto veniva narrato all'interno di quel libro.
Io ero solo una
bambina che voleva scappare dalla realtà, così mi rifugiavo in quelle pagine,
mi nutrivo della fantasia che ne scaturiva, mi dissetavo dei lieto fine in esse
contenuti. Quando chiudevo quel volume non ero costretta a tornare
immediatamente alla mia vita; potevo immaginare che la storia continuasse,
potevo fantasticare su cosa avrei fatto o non fatto nelle situazioni descritte
e che avevo letto; potevo fingere di essere qualcun altro.
Non si finisce
mai di essere bambini, ma bisogna ammettere che talvolta operiamo delle scelte
che ci portano a dimenticare noi stessi. C’è chi accetta, sposa e abbraccia, il
suo essere bambino e quindi continua a ricordare per sempre, e chi cerca di
sfuggire a questa legge naturale. Chi si allontana, purtroppo, perde un po’ di
se stesso, perde un pezzo d’anima. Questo ho sempre pensato e continuo ancora a
pensare. Il cuore si indurisce, la mente inizia a compiere un’indicizzazione
analitica di ciò che va tenuto e di cosa può essere lasciato indietro.
La mente senza
il cuore non è nulla. E’ così che dimentichiamo cosa sia la felicità, cosa sia
la pace interiore. È così che dimentichiamo cosa significhi apprezzare i bei
momenti.
I miei sogni di
bambina erano per lo più incentrati sulla figura del principe azzurro. Bramavo
il momento nel quale avrebbe galoppato verso di me sul suo maestoso
destriero, e mi avrebbe portato con sé
al castello del quale, un giorno non troppo lontano, io sarei stata la regina.
Nei miei sogni
di bambina, il principe azzurro era bellissimo, con la chioma fluente e il
sorriso solare; era coraggioso e avrebbe combattuto per me contro chiunque.
Oggi i miei sogni sono sepolti sotto una sottile patina di cinismo camuffata da
maturità, ma non ho smesso di sognare: mi sono solo ridimensionata.
Il mio principe
non è più un principe, non indossa un’armatura lucente, non ha un cappello col
pennacchio e non cavalca un maestoso destriero, però ha occhi profondi e sono
certa, anche gentili in talune occasioni. Veste di tutti i colori e non più
d’azzurro, e ha un sorriso misterioso, lieve come la rugiada che si posa sui
fiori di primo mattino.
Mi piace quel
sorriso che aleggia sulle sue labbra: è il mio trofeo, la mia vittoria; e se
pure non ho occasione di vederlo con i miei occhi, so che è sempre presente
anche quando lui non è con me. È l’energia che accende la mia giornata, è la
forza che la fa volare a velocità vertiginosa. È il segreto che condividiamo.
Sono felice del
mio principe non principe; sono felice di non essere destinata a indossare i
panni della regina di un castello di cui non m’importa nulla. Sono… felice.

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