mercoledì 8 marzo 2017

RECENSIONE #Cose che danno ansia, l’album d’esordio di Tommaso Pini.

Artista: Tommaso Pini
Descrizione: An electro pop album with international sonorities that includes the song on challenge at Sanremo 2017
Prezzo CD: Euro 14,85
Prezzo formato digitale MP3: Euro 7,99





L’album in generale:

Il cd contiene dieci tracce: otto inediti e due cover. Mentre gli inediti sono cantati in italiano, le due cover sono in lingua inglese. Il genere prevalente è l’elettro-pop, tuttavia ci sono un paio di tracce più soft, richiamanti il melodico, ma non per questo imputabili alla tradizione italiana per eccellenza. Mi concentrerò sugli inediti, ovviamente, perché se pure imprescindibilmente belle, le due cover sono meri omaggi a grandi artisti che hanno accompagnato Tommaso Pini nella sua crescita musicale. Inoltre, anche se sono pazzamente innamorata delle tante voci di questo artista, in quest’occasione, non mi soffermerò sulle sue prodezze vocali (perché sono indescrivibili e l’unica cosa logica da fare è quella di ascoltarle con le proprie orecchie) ma analizzerò, piuttosto, i testi che sono la cosa che mi ha colpito più fortemente.


Quello che ad un primo ascolto mi era parso un prodotto leggero e spensierato, con testi e argomenti sconnessi tra loro, in realtà, ad un ascolto più attento, si è rivelato essere molto di più. Gli inediti sembrano suddividersi in due categorie: la prima più razionale, che inneggia all'amore concettuale per la musica e si distingue per la sua totale apertura grazie al trasporto con cui Tommaso Pini ne circoscrive i contorni; e  la seconda, più privata, che parla dell’amore irrazionale, quello che ci definisce come esseri umani.

Andando nel dettaglio:

L’amore per la musica e lo sdegno per i compromessi

“La mia testa”
La traccia si può riassumere in questa citazione molto famosa: “Io mi so dar ottimi consigli, Ma poi seguirli mai non so. E per questo nei pasticci spesso son” (Alice nel Paese delle Meraviglie). Anch’io sono così. Litigo sempre con la mia testa e molte volte non la capisco e non capisco le scelte che faccio. Non se ne esce proprio!

“La disco mi rilassa” – feat I Koko
All’inizio della traccia la risposta alla domanda “Cosa si sente?” è: “Non sento niente”. Tuttavia, dopo che le “Le gambe van via, le braccia van via, i nervi si tendono…”  la risposta alla stessa domanda cambia in:  “Caldo avvolgente”. Il trasporto per la musica fa dimenticare ogni cosa: “La fame va via, la sete va via, la vista si annebbia”; quante volte abbiamo provato le stesse sensazioni ascoltando le nostre canzoni preferite?

“Mancanza di alternativa” – un gioco di parole dal duplice significato? Ascoltando il testo di questa canzone, il dubbio nasce spontaneo.
 Concorderete che nel panorama musicale italiano c’è una vera mancanza di alternativa (e parlo sia di scelta alternativa che di musica alternativa). L’impero discografico ci propina prodotti che, da decenni, rispondono a determinati parametri ormai triti e ritriti, non lasciando molto spazio alle nuove leve dalle sonorità più ricercate e meno usuali. Probabilmente avrete notato che chi porta un po’ di novità, per ideologia e prese di posizione, di fatto, è chi si è ritagliato uno spazio nella dimensione indipendente e non si è sottomesso ai consueti compromessi, rinnegando la propria identità artistica. Come non apprezzare questa traccia? Ho sempre amato andare controcorrente.

L’amore irrazionale, privato.

“Veleno e antidoto” e  “Passatempo”, se pure le avevo ascoltate anni addietro, quando sono state presentate alle selezioni sanremesi delle scorse edizioni, non avevano colpito la mia attenzione così tanto, quanto dopo aver ascoltato, solo poche settimane fa, “Francesca e Dicembre”. 

“Francesca e Dicembre”, “Veleno e antidoto”, “Passatempo” e “Non ho bisogno di te”, a mio parere, infatti, sono collegate tra loro a doppio filo. Una volta ascoltate tutte, e in sequenza, creano un ritratto abbastanza chiaro e profondo del loro significato. Ma procediamo con ordine.

“Francesca e Dicembre” – L’inizio della fine.
Credo che i versi: “Mi chiamano Dicembre, ma le tue mani mi sciolgono”,  “Ci siamo stretti fino a farci male e ci è mancato il fiato per gridare, ma tanto non servivano parole, perché Francesca parla quando fa l’amore” e “… le distanze pesano anche quando il fuoco è spento” dicano tutto ciò che c’è da sapere su questa traccia, unica ballata dell’album. L’amore è finito e il gelo è ritornato.

“Veleno e antidoto” – L’elaborazione del dolore.
“A volte l’orgoglio mi fa d’armatura, per non stare male, per la mia paura; io dentro una gabbia non posso volare e allora ritrovo il coraggio di andare. Tu, veleno e antidoto, sorriso in un livido, mentre sanguino”: questi versi descrivono quello che in generale ci troviamo ad affrontare quando un amore finisce e restiamo indietro a leccarci le ferite. Come possiamo lenire il dolore che ci ha provocato il veleno, se l’antidoto è quella stessa sostanza tossica? Ci vuole tempo per guarire e infatti…

“Passatempo” – L’accettazione. Un gioco di parole dai risvolti ingannevoli. 
Una filastrocca piacevole e ritmata – ho pensato quando l’ho ascoltata qualche tempo fa, ma come per la canzone precedente e quella successiva, ha assunto tutt'altro significato dopo aver ascoltato “Francesca e Dicembre”.
Il testo cita:  “Passo lento di chi sa, che ha passato un panno sopra il niente, per pulire quel che già, è passato impercettibilmente” poi  “Passa il male di chi sa, che è passata pure la stagione, delle false verità, della dolce ingenuità” e infine “e sai non serve a niente, impegnarsi per capirci adesso, perché è solo un passatempo”. Della serie: è inutile rimuginarci ora, tanto ciò che è passato è passato, adesso si guarda al futuro. In sostanza non ho bisogno che sia tu a puntualizzare l’ovvio, e infatti…

“Non ho bisogno di te” La risoluzione ultima.
Il testo cita: “Non ho bisogno di te, per morire d’amore tanto sono già morto. Non ho bisogno di te, per vedere appassire anche l’ultima rosa.”
Un po’ più poetico del famoso “Vaffan*ulo” di Masini, ma non meno nitido. Bravo Tommaso Pini.

Il singolo COSE CHE DANNO ANSIA
Lo so, di solito si parte da questo, a maggior ragione perché è la traccia che dà il titolo all’album, ma seguite il mio ragionamento:  tutto quanto sopraccitato – l’amore per la musica e l’amore che ci definisce come esseri umani –  non sono forse tutte cose che danno ansia?
Ho visto le tracce analizzate nella prima parte di questa recensione, come tanti piccoli cassetti e il singolo “Cose che danno ansia” come l’armadio che li contiene. Altrimenti che motivo ci sarebbe stato di denominare l’album con questo stesso titolo? Come vedete, il discorso fila!

Il mio giudizio

Sono entusiasta di questo acquisto. Lo ritengo meritevole di un ascolto approfondito, ma se non siete come me (e cioè persone che amano comprendere quello che ascoltano) allora è un ansiolitico eccezionale fruibile per passare un po’ di tempo in rilassato apprezzamento.  Quattro stelle.

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