Titolo: #Cose che danno ansia
Artista: Tommaso Pini
Descrizione: An electro pop album with international sonorities that includes the song on challenge at Sanremo 2017
Prezzo CD: Euro 14,85
L’album in generale:
Il cd contiene dieci tracce: otto inediti e due cover.
Mentre gli inediti sono cantati in italiano, le due cover sono in lingua
inglese. Il genere prevalente è l’elettro-pop, tuttavia ci sono un paio di
tracce più soft, richiamanti il melodico, ma non per questo imputabili alla
tradizione italiana per eccellenza. Mi concentrerò sugli inediti, ovviamente, perché
se pure imprescindibilmente belle, le due cover sono meri omaggi a grandi
artisti che hanno accompagnato Tommaso Pini nella sua crescita musicale.
Inoltre, anche se sono pazzamente innamorata delle tante voci di questo
artista, in quest’occasione, non mi soffermerò sulle sue prodezze vocali (perché
sono indescrivibili e l’unica cosa logica da fare è quella di ascoltarle con le
proprie orecchie) ma analizzerò, piuttosto, i testi che sono la cosa che mi ha
colpito più fortemente.
Quello che ad un primo ascolto mi era parso un prodotto
leggero e spensierato, con testi e argomenti sconnessi tra loro, in realtà, ad
un ascolto più attento, si è rivelato essere molto di più. Gli inediti sembrano
suddividersi in due categorie: la prima più razionale, che inneggia all'amore
concettuale per la musica e si distingue per la sua totale apertura grazie al
trasporto con cui Tommaso Pini ne circoscrive i contorni; e la seconda, più privata, che parla dell’amore
irrazionale, quello che ci definisce come esseri umani.
Andando nel dettaglio:
L’amore per la musica e lo sdegno per i compromessi
“La mia testa”
La traccia si può riassumere in questa citazione molto
famosa: “Io mi so dar ottimi consigli, Ma poi
seguirli mai non so. E per questo nei pasticci spesso son” (Alice
nel Paese delle Meraviglie). Anch’io sono così. Litigo sempre con la mia
testa e molte volte non la capisco e non capisco le scelte che faccio. Non se
ne esce proprio!
“La disco mi rilassa” – feat I Koko
All’inizio della traccia la risposta alla domanda “Cosa si
sente?” è: “Non sento niente”. Tuttavia, dopo che le “Le gambe van via, le braccia
van via, i nervi si tendono…” la
risposta alla stessa domanda cambia in: “Caldo
avvolgente”. Il trasporto per la musica fa dimenticare ogni cosa: “La fame va
via, la sete va via, la vista si annebbia”; quante volte abbiamo provato le
stesse sensazioni ascoltando le nostre canzoni preferite?
“Mancanza di alternativa” – un gioco di parole dal duplice
significato? Ascoltando il testo di questa canzone, il dubbio nasce spontaneo.
Concorderete che nel
panorama musicale italiano c’è una vera mancanza di alternativa (e parlo sia di
scelta alternativa che di musica alternativa). L’impero discografico ci propina
prodotti che, da decenni, rispondono a determinati parametri ormai triti e
ritriti, non lasciando molto spazio alle nuove leve dalle sonorità più ricercate
e meno usuali. Probabilmente avrete notato che chi porta un po’ di novità, per ideologia
e prese di posizione, di fatto, è chi si è ritagliato uno spazio nella
dimensione indipendente e non si è sottomesso ai consueti compromessi,
rinnegando la propria identità artistica. Come non apprezzare questa traccia? Ho
sempre amato andare controcorrente.
L’amore irrazionale, privato.
“Veleno e antidoto” e
“Passatempo”, se pure le avevo ascoltate
anni addietro, quando sono state presentate alle selezioni sanremesi delle
scorse edizioni, non avevano colpito la mia attenzione così tanto, quanto dopo
aver ascoltato, solo poche settimane fa, “Francesca e Dicembre”.
“Francesca e Dicembre”, “Veleno e antidoto”, “Passatempo” e “Non
ho bisogno di te”, a mio parere, infatti, sono collegate tra loro a doppio
filo. Una volta ascoltate tutte, e in sequenza, creano un ritratto abbastanza
chiaro e profondo del loro significato. Ma procediamo con ordine.
“Francesca e Dicembre” – L’inizio della fine.
Credo che i versi: “Mi chiamano Dicembre, ma le tue mani mi
sciolgono”, “Ci siamo stretti fino a
farci male e ci è mancato il fiato per gridare, ma tanto non servivano parole,
perché Francesca parla quando fa l’amore” e “… le distanze pesano anche quando
il fuoco è spento” dicano tutto ciò che c’è da sapere su questa traccia, unica
ballata dell’album. L’amore è finito e il gelo è ritornato.
“Veleno e antidoto” – L’elaborazione del dolore.
“A volte l’orgoglio mi fa d’armatura, per non stare male,
per la mia paura; io dentro una gabbia non posso volare e allora ritrovo il
coraggio di andare. Tu, veleno e antidoto, sorriso in un livido, mentre
sanguino”: questi versi descrivono quello che in generale ci troviamo ad
affrontare quando un amore finisce e restiamo indietro a leccarci le ferite.
Come possiamo lenire il dolore che ci ha provocato il veleno, se l’antidoto è quella
stessa sostanza tossica? Ci vuole tempo per guarire e infatti…
“Passatempo” – L’accettazione. Un gioco di parole dai risvolti ingannevoli.
Una filastrocca
piacevole e ritmata – ho pensato quando l’ho ascoltata qualche tempo fa, ma
come per la canzone precedente e quella successiva, ha assunto tutt'altro
significato dopo aver ascoltato “Francesca e Dicembre”.
Il testo cita: “Passo
lento di chi sa, che ha passato un panno sopra il niente, per pulire quel che
già, è passato impercettibilmente” poi “Passa
il male di chi sa, che è passata pure la stagione, delle false verità, della
dolce ingenuità” e infine “e sai non serve a niente, impegnarsi per capirci
adesso, perché è solo un passatempo”. Della serie: è inutile rimuginarci ora,
tanto ciò che è passato è passato, adesso si guarda al futuro. In sostanza non
ho bisogno che sia tu a puntualizzare l’ovvio, e infatti…
“Non ho bisogno di te” La risoluzione ultima.
Il testo cita: “Non ho bisogno di te, per morire d’amore
tanto sono già morto. Non ho bisogno di te, per vedere appassire anche l’ultima
rosa.”
Un po’ più poetico del famoso “Vaffan*ulo” di Masini, ma non
meno nitido. Bravo Tommaso Pini.
Il singolo COSE CHE DANNO ANSIA
Lo so, di solito si parte da questo, a maggior ragione
perché è la traccia che dà il titolo all’album, ma seguite il mio ragionamento:
tutto quanto sopraccitato – l’amore per
la musica e l’amore che ci definisce come esseri umani – non sono forse tutte cose che danno ansia?
Ho visto le tracce analizzate nella prima parte di questa
recensione, come tanti piccoli cassetti e il singolo “Cose che danno ansia” come
l’armadio che li contiene. Altrimenti che motivo ci sarebbe stato di denominare
l’album con questo stesso titolo? Come vedete, il discorso fila!
Il mio giudizio
Sono entusiasta di questo acquisto. Lo ritengo meritevole di
un ascolto approfondito, ma se non siete come me (e cioè persone che amano
comprendere quello che ascoltano) allora è un ansiolitico eccezionale fruibile per
passare un po’ di tempo in rilassato apprezzamento. Quattro stelle.

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